Giovo

Il volontariato che ricostruisce la comunità, Arquata può

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Noi L'associazione ad Arquata del Tronto

Monica e Francesca sono due volontarie di Arquata Potest, aps che opera per il borgo del Vettore. Entrambe vivono distanti dal paese, ma attraverso l'attivismo con l'associazione sono sempre connesse al proprio territorio del cuore. Fra mille iniziative per il turismo sostenibile.

Quando il volontariato è una strada per costruire legami più profondi e speciali coi paesaggi che amiamo, i luoghi del cuore. Ancor più se questi posti, dove siamo magari nati o cresciuti, hanno subito dei traumi e allora si sente la necessità di rimboccarsi le maniche per fare qualcosa, per contribuire alla loro rinascita. Lo dimostra la storia delle giovani volontarie di Arquata Potest, che oggi intervistiamo. L'aps che entrambe hanno contribuito a fondare s'impegna per Arquata del Tronto, piccolo borgo alle pendici del Vettore dove il terremoto del 2016 ha sconvolto e mutato radicalmente la vita delle comunità che però, immersa com'è nella natura dei Sibillini bella a livelli paradisiaci, non ha smarrito la voglia di rinascere.

"Col sisma di sette anni fa il paese è andato distrutto. Le case dove da bambine passavamo le estati non ci sono più. La zona rossa del borgo è ancora inaccessibile. Resta il paesaggio coi suoi tesori, i suoi profumi e i sentieri di montagna. È da lì che siamo ripartite, in questi anni, per ricominciare". A raccontarlo sono Francesca Olini e Monica Piergiovanni, di Arquata Potest, "Arquata può", "Arquata è capace", come esplicita dal latino il nome dell'associazione.
Per Francesca e Monica, Arquata era soprattutto il luogo delle vacanze estive, a cui si è legati magari per radici familiari e si rimane collegati per storie personali, affetti profondi, ricordi d'infanzia e adolescenza. Oggi, la cosa sorprendente è che entrambe continuano a impegnarsi per questo paese sperduto fra le montagne anche da distante. Francesca vive a Roma, Monica in Lombardia. Il loro volontariato lo praticano per buona parte "in remoto", come si dice ormai, cioè soprattutto negli incontri in streaming con gli altri volontari dell'associazione che come loro lavorano in giro per l'Italia oppure che continuano tutt'ora ad abitare ad Arquata. E poi, quando possibile, arrivano i momenti in presenza, con le visite alle pendici del Vettore, fra i suoi colori e i suoi odori e i suoi volti e le iniziative vissute dal vivo. Ma le seconde case dove Monica e Francesca alloggiavano un tempo sono crollate, e dunque entrambe devono appoggiarsi nei centri urbani più vicini, da dove fanno avanti e indietro con il borgo. 

Col sisma di sette anni fa il paese è andato distrutto. Resta il paesaggio coi suoi tesori, i suoi profumi e i sentieri di montagna. È da lì che siamo ripartite, in questi anni, per ricominciare

Il recupero dei sentieri

"L'associazione è nata nel 2011. Eravamo in tre o quattro amiche e amici, io non avevo ancora vent'anni. Il nostro desiderio era ridare nuova spinta alle feste estive patronali. Già allora quell'antica tradizione si andava indebolendo per il progressivo spopolamento del borgo – racconta Francesca Olini – Poi è arrivato il terremoto".

C'è un prima e un dopo rispetto al sisma. Il 24 agosto del 2016 sono cinquantuno le persone che hanno perso la vita nel Comune di Arquata. La frazione di Pescara è stata rasa al suolo. Da quell'evento la storia di Arquata è a dir poco cambiata. Prima di quella notte il borgo contava 800 residenti, che d'estate arrivavano a 1200 coi villeggianti. Oggi, sette anni dopo, la popolazione è dimezzata. Ma l'attaccamento ai paesaggi, tanto feriti quanto spesso dimenticati dal mondo attorno, ha portato i volontari di Arquata Potest a trasformare i propri sentimenti in idee e quindi azioni.
Spiega Monica Piergiovanni. "Negli ultimi anni ci siamo impegnate proprio per ridare forza ad Arquata del Tronto con nuova linfa, con iniziative fondate sul turismo sostenibile e sulla consapevolezza della storia dei luoghi e dei suoi problemi. È bello vedere che qualcosa si è mosso, grazie anche al lavoro di associazioni che curano delle attività. I turisti sono continuati ad arrivare, nonostante scarseggino i servizi ricettivi, però va detto che alcune di nuove strutture sono state appena aperte, così da accogliere chi è attratto dalla bellezza incontaminata dei luoghi, e forse anche dal lavoro tenace di chi ancora crede che le cose si possano fare, si possano migliorare".

Monica (felpa rosa) e Francesca (dita a V) durante una iniziativa

Si è stabilito un equilibrio fra chi ad Arquata abita e chi al luogo rimane unito, da lontano. C'è il lato imprenditoriale, della ricerca di fondi e bandi, e c'è il lato operativo. La rete di relazioni è fortissima e in tanti in paese sono pronti a rimboccarsi le maniche e dare una mano

Monica mostra le mappe di Arquata

È con la loro iniziativa appassionata che Francesca e Monica con il gruppo di Arquata Potest riescono a organizzare le passeggiate ecologiche che contano fino a duecento partecipanti, le serate danzanti, il recupero dei sentieri storici fra le tredici frazioni, i concorsi fotografici, i tornei di Burraco, la pubblicazione della guida escursionistica su Arquata del Tronto e molto altro. Fino a divenire un punto di riferimento per arquatani e per i turisti curiosi di scoprire l'unico Comune in Europa che ricade all'interno di due parchi nazionali, Monti Sibillini e Gran-Sasso-Monti della Laga.

Nel fiorire delle attività si è stabilito un equilibrio fra chi ad Arquata abita e chi al luogo rimane unito, da lontano. "I soci più attivi sono cinque o sei, di tutte le generazioni. C'è il lato imprenditoriale, della ricerca di fondi e bandi, e c'è il lato operativo, che riguarda l'installazione della cartellonistica, l'organizzazione delle varie nostre attività, per esempio. Il dialogo unisce tutti – spiegano le volontarie – La rete di relazioni è fortissima e in tanti in paese, se c'è bisogno sono pronti a unirsi all'associazione e a rimboccarsi le maniche e dare una mano".
Arquata Potest è divenuta così un esempio per altre associazioni che vivono la stessa dimensione montana. "Giovani ragazzi e ragazze si confrontano con noi, ci chiedono come siamo organizzati, per replicare le nostre attività in territori dove si sente il peso dello spopolamento e della distanza dai centri urbani e dove il lavoro scarseggia e la tentazione di andarsene occupa i pensieri di molti". Luoghi che però non si vogliono abbandonare. Perché, come scrive Pavese ne La luna e i falò, "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". Forse è anche in questo senso che per Arquata vale la pena impegnarsi col volontariato.
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