Conoscere, per non ripetere gli errori del passato

Andrea Pipponzi è il protagonista di questo nuovo episodio del podcast e del blog. Da un anno e mezzo è volontario dell’associazione Casa della Memoria di Servigliano Odv (Fm).
Nel 1943, un soldato americano, Arthur Shupp, scappa dal campo di prigionia di Servigliano (Fm) e per due anni resta nascosto in campagna, ospite di una famiglia del posto. Ottant’anni dopo, il pronipote della coppia che ospitò il soldato, salvandogli la vita, guida i visitatori all’interno di quel campo di prigionia, oggi Parco della pace. Si chiama Andrea Pipponzi, ha 27 anni, si sta per laureare in Storia medievale all’Università di Bologna e, da un anno e mezzo, è volontario dell’associazione Casa della Memoria Odv.
Un predestinato, verrebbe da dire. Fin da piccolo, un grande appassionato di storia e dotato di un instancabile desiderio di mettersi al servizio degli altri. “Essendo sempre stato educato al volontariato – dice il giovane –, il volontariato ha sempre fatto parte di me. Nelle piccole realtà come Servigliano, l’associazionismo è il vero grande motore. Inoltre, ha un grandissimo valore sociale e umano: le persone che si conoscono, le esperienze che si fanno ti lasciano un bagaglio davvero enorme”.
A Casa della Memoria, Andrea approda grazie all’università. “C’è stato – spiega – un avvicinamento che sta continuando. Nel mio piccolo, tento di portare un contributo in virtù della mia formazione”. Un volontariato “di qualità”, insomma. “Se sia di qualità (ride), lo lascio dire ad altri, ma va da sé che il mio approccio è diverso da quello di chi non ha mai toccato un documento o non è mai entrato in un archivio e che, quindi, va un po’ guidato verso il lavoro e gli obiettivi finali di ricerca”.
Ex stazione ferroviaria, recuperata e trasformata, al suo interno, la Casa della Memoria ospita una mostra fotografica permanente sulla storia del campo di prigionia e un’aula multimediale. “Ad oggi, abbiamo il Parco della pace. Del campo originario – fa sapere Andrea – è rimasto solo un muro e Casa della Memoria punterà molto più a cosa è stato che a cosa è. Oltre a questo, c’è un aspetto di ricerca che passa attraverso giornate in archivio. Ultimamente, ci siamo focalizzati sulla storia della profuganza giuliano-dalmata. Ci siamo imbattuti in tantissime carte di identità di profughi che abbiamo digitalizzato e caricato in un grande archivio”.
E proprio dall’archivio del Comune di Servigliano è iniziata l’esperienza da volontario del giovane, poi approdato alle visite guidate.
Grazie alla collaborazione con le scuole del territorio e non solo, sono tante le scolaresche che ogni anno visitano il sito. “Dal 2022, il campo è diventato Monumento nazionale. Dal quel momento, la sua notorietà e quella di Servigliano sono aumentate, ma il rapporto con le scuole è sempre stato forte e continua a esserlo. Rispetto agli adulti, quello dei bambini è un terreno più fertile e funzionale in cui far attecchire un seme e farlo germogliare”, dice Andrea. Che in un anno e mezzo di volontariato ha collezionato molti ricordi preziosi. Alcuni più di altri. “Il primo riguarda la ricerca e il ritrovamento di un intero fascicolo, all’interno dell’archivio comunale, di un personaggio di Servigliano degli anni ’30, legato al campo. Aprirlo e leggerlo è stato emozionante, soprattutto perché l’associazione voleva saperne di più su di lui. Il secondo riguarda le visite guidate. Lo scorso 25 aprile ho avuto il piacere di poter esporre all’interno del nostro museo alcune lettere che un soldato della Pennsylvania inviò ai miei bisnonni”.
“Rispetto agli adulti, quello dei bambini è un terreno più fertile in cui far attecchire un seme e farlo germogliare.”
Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, dal campo di Servigliano fuggirono tra i 2.000 e i 2.500 prigionieri che si riversarono nelle campagne circostanti o sui Monti Sibillini. “Erano soldati alleati – spiega il giovane –, molti dei quali trovarono ospitalità dalle famiglie contadine della zona. Tra queste ci fu anche quella dei miei bisnonni che per due anni, a Curetta, una frazione di Servigliano, ospitarono il soldato Arthur Shupp, stringendo con lui un rapporto molto forte. Dopo la sua partenza, nelle sue testimonianze, il mio bisnonno parla di un fratello che se né andato e di resistenza civile, una delle migliaia di storie della provincia allora ascolana, unite da un filo rosso: l’identificazione, cioè la volontà di aiutare un soldato senza sapere chi fosse, rischiando la vita e la casa, nella speranza che, chissà dove in Europa, un altro familiare ricevesse lo stesso trattamento”. Di quell’amicizia nata in tempo di guerra e proseguita nel tempo restano le lettere e il regalo di nozze del soldato, arrivato dall’America a Servigliano in segno di riconoscenza.
In giorni in cui la parola “guerra” riecheggia con sempre maggiore insistenza, ricordare diventa l’antidoto al verificarsi di nuovi tragedie? Secondo Andrea la necessità di ricordare c’è, “ma alcune volte l’eccessiva necessità, nel tentativo di spiegare, finisce in parallelismi eccessivi”. “Dal passato – dice –, prendiamo spunti, esempi, valori o eventi sui quali riflettiamo e da cui possiamo trarre pensieri da trasporre nel presente, ma ogni epoca ha i suoi perché, il suo modo di agire e i propri motivi per i quali, magari, scoppia una guerra. La storia è ciclica perché nel momento in cui si ripresenta un evento sappiamo che già è accaduto, ma non è una legge universale. Gli eventi si ripetono ma, ogni volta, in maniera differente. Rileggendo il passato con gli occhi del presente, non solo falsifichiamo la narrazione degli eventi dell’oggi, ma anche dello ieri”.
“Dal passato prendiamo spunti, esempi e valori
da trasporre nel presente, ma ogni epoca ha
i suoi perché, il suo modo di agire .”
Per il giovane, volontariato significa comunità, “perché è lì che le azioni del volontariato ricadono”. “La cosa che più amo di questa esperienza – fa sapere Andrea – è il contatto con la gente, dato dalla curiosità di capire da dove venga, di scoprire quanti chilometri ha fatto per arrivare a Servigliano. Vedere che c’è gente dalla provincia di Ancona o di Pesaro per me è la prima grandissima soddisfazione. Poi, il ricevere indietro altrettante storie. Noi raccontiamo una storia, che è quella del campo di Servigliano. Ricevere indietro una storia simile o una che possa allargare il bagaglio di conoscenza personale e di racconto del campo è il secondo grande regalo che mi porto a casa nel momento in cui finisco una giornata di volontariato”.
Per approfondire:
www.lacasadellamemoria.com
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