“Fare volontariato è la batteria del mio animo”

Venti giovani, un tutor – Alessandro Marchetti -, pensiline e panchine rimesse a nuovo. Succede a Monte San Vito (An) con il progetto “Ci sto? Affare fatica! – Facciamo il bene comune”. Alessandro, dal 2017 volontario nell’oratorio del suo paese, è il protagonista di questa puntata del podcast e del blog.
“Nella mattinata di oggi abbiamo iniziato a ripulire una delle pensiline dove si può prendere l’autobus. Abbiamo cercato di rimetterla a nuovo e di renderla bella, in modo da far colpo in chi passa”. Quando l’abbiamo intervistato, Alessandro Marchetti aveva da poco terminato un turno di impegno con i ragazzi e le ragazze del progetto ”Ci sto? Affare fatica! – Facciamo il bene comune”.
Alessandro ha 23 anni, è di Monte San Vito, nell’Anconetano, e studia Scienze filosofiche a Bologna. Dal 2017, fa l’educatore nell’oratorio del suo paese e quest’anno, per la prima volta, è stato tutor del progetto regionale di cittadinanza attiva, che è finanziato da Regione Marche-Politiche giovanili e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le Politiche giovanili e il servizio civile universale e coordinato dal CSV Marche Ets.
Un’esperienza iniziata il 16 giugno e conclusa il 27, durante la quale il giovane ha coordinato venti giovani suddivisi in due gruppi da dieci. “Il feedback è stato indubbiamente positivo. Sono arrivate 37 domande per venti posti disponibili. I ragazzi si sono presentati con l’idea di darsi da fare e di spendersi per il paese in cui vivono”, spiega Alessandro. “Ed è un po’ – prosegue – quello che ha spinto me a prendere parte al progetto: il senso di appartenenza al mio territorio e la volontà di ispirare i ragazzi a fare del bene e a dare un chiaro esempio di senso civico che, magari, possa ispirare anche i loro coetanei”.
“Ci sto? Affare fatica! – Facciamo il bene comune” è un progetto che intende valorizzare il tempo estivo dei giovani attraverso attività concrete di volontariato e cura del bene pubblico. Nelle Marche, è rivolto a ragazzi e ragazze dai 14 ai 21 anni. Le attività sono organizzate in settimane e guidate da tutor, giovani come Alessandro, e da handyman, adulti tuttofare.
In queste due settimane, Alessandro ha instaurato un ottimo rapporto con i due gruppi di volontari, spesso favorito da una conoscenza pregressa. “Facendo l’educatore in oratorio, – dice – molti ragazzi li conoscevo già. Ma anche con quelli che non conoscevo si è instaurato un bel clima, costruttivo e molto pacifico. È nata una certa sinergia ed è stato facile lavorare bene e insieme”.
Terminata la settimana, i volontari ricevono un buono di 75 euro da spendere in alimenti, abbigliamento, libri scolastici, sport e tempo libero. Per i tutor, il buono è di 150 euro. Ma, assicura Alessandro, non è certo questo il motivo che l’ha spinto a partecipare al progetto. “La ricchezza e il guadagno – dice – non sono tanto economici quanto di tipo emotivo. Mettendoti in gioco, fai del bene alla comunità e, facendolo, ti senti anche appagato e questo vale molto più del buono che ci viene conferito a fine settimana”.
“La vera ricchezza è di tipo emotivo: mettendoti in gioco,
fai del bene alla tua comunità.”
Oltre alla buona volontà dei ragazzi e alla sinergia tra tutor e volontari, ad attirare l’attenzione del giovane è stato il clima di collaborazione creato dai ragazzi stessi. “Durante la prima settimana, – racconta Alessandro – mi ha colpito molto la voglia delle ragazze un po’ più grandi di integrare nel loro gruppetto già formato i ragazzi più piccoli, di cercare di far parlare quelli più timidi e di creare un bel clima in cui lavorare”.
Un’esperienza, quindi, che va oltre la cura del bene pubblico in sé: “Ci sono tante cose che restano. A livello visivo e fisico, il lavoro che è stato fatto, ma molto di più resta a livello umano: l’interazione che si è creata tra i ragazzi, la comprensione del fatto che, cercando di mettersi al servizio del prossimo, è più facile lavorare bene e la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono per la propria comunità”.
Dal 2017, il giovane è educatore nell’oratorio di Monte San Vito. “Mi ha spinto la voglia di stare con i ragazzi – racconta – e di dare loro la possibilità di crescere e di giocare insieme, soprattutto a quelli che, al di fuori dell’oratorio, non hanno questa opportunità. È bello trovare modalità diverse per arrivare ai giovani di tutte le età, cercando sempre di restare se stessi”. “Ne abbiamo passate – prosegue –: da un picco di ragazzi nel 2019 al Covid, quando l’oratorio ha rischiato di morire. E, forse, è stato proprio lì che la mia spinta al voler fare volontariato è venuta fuori veramente, perché non ci siamo persi d’animo. Abbiamo cercato di costruire qualcosa di nuovo e siamo ripartiti con numeri ancora maggiori e un gruppo di educatori sempre più coeso e volto a fare del bene per i ragazzi”.
Moltiplicare è la parola che, per Alessandro, esprime meglio il senso di fare volontariato. “Secondo me – spiega –, fare volontariato significa dividere per moltiplicare. Mettiamo le nostre energie al sevizio degli altri, quindi le dividiamo, ma non è una divisione che sottrae: c’è sempre una forza creatrice che moltiplica l’amore verso gli altri, verso te stesso e verso il tuo territorio. Nel volontariato è sempre l’amore che
vince”.
Mentre parla, gli occhi del giovane si illuminano. “Fare volontariato – dice – è ciò che ricarica maggiormente la batteria del mio animo. Magari, passo una giornata intera dietro ai ragazzi e torno a casa un po’ stanco a livello fisico, ma sono molto felice. Sto sempre meglio di quando sono partito, per quanto le energie spese siano tante”.
“Fare volontariato significa dividere per moltiplicare.
Nel volontariato è sempre l’amore che vince.”
Nonostante studi a Bologna, nei fine settimana Alessandro cerca sempre il modo di tornare nella sua Monte San Vito. Quando gli abbiamo chiesto se il volontariato continuerà a far parte della sua vita, ci ha risposto così: “Mi auguro di sì, ma, qualora non fosse possibile, ciò che mi rimarrà al di là dell’oratorio sono i valori che ho imparato stando lì, che sono ben saldi in me e che porterò avanti a prescindere da quello che accadrà negli anni a venire”.
Un’esperienza, quella del volontariato, che il giovane consiglia vivamente ai coetanei perché “fa bene al cuore”. “Ti fa sentire talmente coinvolto e galvanizzato – spiega – che non può che incentivare il benessere del tuo stato d’animo. Inoltre, ti impone di metterti in gioco e di cimentarti in attività che, magari, non pensi ti competano e di scoprire che le sai fare. In questo modo, puoi conoscere anche un lato di te che tenevi nascosto. Quindi, conoscendo e amando gli altri, impariamo anche a conoscere un po’ meglio noi stessi. E, poi, ricordiamoci sempre che, fintanto che facciamo volontariato, facciamo del bene e, a prescindere da come ci viene quello che facciamo, la sfida l’abbiamo comunque vinta”.
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