
Conoscere e conoscersi attraverso il gioco

Appassionato fin da bambino di giochi da tavolo, Andrei Cojocaru è volontario e nel direttivo di Labs Laboratorio sociale Aps. Andrei è il protagonista di questa puntata del podcast e del blog.
Il gioco come momento di aggregazione, inclusione sociale e formazione. E non si dica che è solo per bambini. Si fa serio Andrei Cojocaru quando parla della sua passione per i giochi da tavolo. Ventisette anni, Andrei è nato in Romania ma, come dice lui, ormai è più italiano che rumeno, visto che è arrivato in Italia quando aveva sette anni. Vive a Montecassiano, lavora in un oleificio e da un anno e mezzo fa parte del direttivo di Labs Laboratorio sociale Aps, associazione nata dieci anni fa a Macerata, di cui è anche volontario.
Com’è nata la tua passione per i giochi da tavolo?
Fin da piccolo mi piaceva giocare. Con alcuni amici avevamo dei giochi da tavolo. Sei o sette anni fa, per caso, ho conosciuto il Labs e ho scoperto che esistono tantissimi altri giochi e che potevo giocare gratuitamente e stare tutto il tempo a disposizione. Dopo essere tornato in zona, l’anno scorso li ho riscoperti e mi sono messo a “sponsorizzarli”. Vedendomi così attivo, mi hanno chiesto di entrare nel direttivo ed eccomi qui.
Perché definite la vostra sede uno “spazio recuperato in un quartiere buio”?
Quella che oggi è la nostra sede era uno spazio comunale in disuso. Si trova a metà strada di un vicolo poco conosciuto, molto stretto e con pochi lampioni. Uno di quei pochi in cui non passi se non devi. L’associazione è nata da un gruppo di amici appassionati di giochi da tavolo che, a un certo punto, hanno deciso di coinvolgere altre persone. Così, hanno iniziato a cercare un locale, l’hanno trovato e preso in gestione, ridandogli vita.
Chi sono i frequentatori abituali?
Principalmente, gli universitari. Visti gli orari di apertura serali, è difficile che vengano ragazzi più giovani. Ci sono utenti anche di 50 e 60 anni perché, se ti piace, il gioco non ha limiti di età. E noi di giochi ne abbiamo più di quattrocento, da quelli più semplici a quelli molto complessi. Offriamo un’alternativa di divertimento in un posto tranquillo, senza il caos del fare baldoria. Da noi, si fa baldoria in modo più costruttivo.
E inclusivo.
Considerando che ormai stanno tutti col telefono in mano, quello che offriamo è un modo per includere persone e far conoscere cose nuove. Tra i bandi a cui abbiamo partecipato c’è quello rivolto ai “Neet” (Not in education, employment or training), per aiutare quelle persone che non stanno studiando, lavorando o formandosi, a reintegrarsi nella società, acquisendo alcune competenze che possono risultare utili.
In che modo?
Ci sono giochi in cui devi gestire delle risorse e altri in cui devi comprare e vendere merci. Giocandoci, arrivi a pensare a come spendere i soldi nella vita reale, a darti un obiettivo e a trovare il modo per raggiungerlo. Inoltre, il nostro è un punto di aggregazione e socializzazione, dove puoi trovare contatti e, magari, venire a conoscenza di offerte di lavoro. Le interazioni aiutano a creare altre interazioni.
Qual è il compito dei volontari?
A parte far conoscere la nostra realtà, ci occupiamo dell’accoglienza degli utenti e di controllare che non ci siano problemi. Se vediamo che qualcuno non sta facendo niente, cerchiamo di invogliarlo a fare qualche gioco o gli spieghiamo i giochi che non conosce. Inoltre, cerchiamo i bandi a cui poter partecipare e le associazioni con cui collaborare. Abbiamo anche un socio che fa il game designer e ha prodotto diversi giochi che stanno diventando famosi. Quando serve, viene da noi e li testiamo.
Come sono organizzate le attività dell’associazione?
Siamo aperti quattro giorni a settimana: il martedì è dedicato ai “party games”, giochi semplici per gruppi numerosi, il venerdì ai videogiochi, la domenica ai giochi più “pesanti” che durano almeno due ore. Il mercoledì sarebbe la serata dei giochi di ruolo, ma è difficile da organizzare perché devi avere una presenza assicurata che purtroppo manca. Negli altri giorni della settimana mettiamo il locale a disposizione dei nostri soci che organizzano laboratori. Siamo un’associazione culturale: se qualcuno può portare altra cultura, è benvenuto.
C’è un episodio legato all’associazione che ricordi con più piacere?
L’anno scorso, durante il Game Labs (festival che si tiene per una settimana a ottobre, durante la quale la sede dell’associazione resta aperta tutte le sere e ogni sera è dedicata a un’attività diversa, ndr), mi avevano detto che ci sarebbero stati alcuni ragazzi del progetto Erasmus, che non parlavano italiano. Serviva qualcuno che parlasse inglese e, siccome io me la cavo, mi sono buttato. Visto che non li conoscevo, mi sono fatto spiegare dei giochi da un altro volontario. Poi, li ho spiegati ai ragazzi direttamente giocando con loro. Ho parlato più in inglese quella sera che nel giro di un anno.
Cos’è, per te, il volontariato?
Servizio. Questa parola deriva dalla mia esperienza negli scout dove, a un certo punto del percorso, si fa esperienza di volontariato. Servizio significa mettermi in gioco, farti sapere che puoi contare su di me. Se ti serve una mano, dimmi come posso aiutarti e ti aiuto. Se non ho conoscenze particolari, ti do le mie idee.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Vogliamo ingrandirci perché il mondo dei giochi è sottovalutato. Il gioco non è soltanto divertimento, ma un modo per crescere e per conoscere, anche se stessi. A volte ti ritrovi in situazioni in cui ti chiedi perché ti sei comportato in un certo modo o scopri di avere qualità che non conoscevi. L’unico modo per concepire il gioco anche come possibilità è farlo conoscere e abbattere quella barriera che lo considera “per bambini”. No, il gioco è per tutti e ti fa rimanere giovane. Sempre.
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