“Quando aiuto gli altri, mi sento il più forte del mondo”


Attraverso il Servizio civile, Luca Manganelli ha scoperto il mondo di Uici Marche. Luca è il protagonista di questa puntata del podcast e del blog.
Una paura che diventa scoperta, consapevolezza, aiuto. La paura di perdere la vista ha spinto Luca Manganelli, 23enne di Osimo, che studia Digital economics and business all’Università politecnica delle Marche, ad avvicinarsi al mondo di Uici Marche Ets Aps, prima attraverso il Servizio civile digitale, poi con il Servizio civile regionale.
Perché questa scelta?
Ero in un periodo di assestamento della mia vita e volevo fare qualcosa che mi permettesse di sentirmi utile per la comunità. Ho scelto Uici perché una delle mie più grandi paure era perdere la vista. Dico era perché, avendo conosciuto meglio il mondo della disabilità visiva, ora la vedo in modo molto diverso. Penso che la perdita della vista sia una brutta esperienza, ma non così tremenda come si potrebbe credere.

Di cosa ti sei occupato all’inizio?
Aiutavo le persone non vedenti o ipovedenti a rendersi indipendenti dal punto di vista tecnologico. Le aiutavo con le apparecchiature elettroniche, perché il mondo della disabilità visiva è contornato da tecnologie assistive. Poi, ho deciso di continuare e ora faccio il Servizio civile per l’Irifor, che si occupa di ricerca, formazione e riabilitazione per le persone con disabilità visiva.
Conclusa la prima esperienza hai, quindi, deciso di farne un’altra sempre nello stesso ambito.
Ho deciso di “restare” perché mi è piaciuta moltissimo la gioia che provavo nell’aiutare le persone con difficoltà. Uno dei problemi della persona non vedente, soprattutto se diventa non vedente o ipovedente, è di accettarsi e anch’io, per motivi diversi, ho avuto difficoltà ad accettarmi. Quindi, aiutare gli altri a farli stare meglio mi faceva provare molta gioia.
Come sei riuscito ad aiutarli?
Mi viene in mente l’esempio di una signora che era molto preoccupata perché non era in grado di utilizzare il suo telefono. Pian piano, sono riuscito a farle capire come funzionava e la cosa bella è stata che, quando ha capito che ci stava riuscendo, mi ha ringraziato con un sorriso bellissimo che porterò sempre nel cuore.
Come ti ha fatto sentire quel sorriso?
Il più forte del mondo (sorride), perché mi ha fatto rendere conto che, con le mie capacità, posso rendermi utile. Mi ha fatto sentire di avere un valore, una cosa importantissima perché, quando fai qualcosa, devi sempre trovare un motivo più grande e questa esperienza mi ha dato la sensazione di essere vivo.

Adesso di cosa ti occupi?
Ora lavoro più dal lato segreteria, anche se ogni tanto continuo a fare servizi di supporto tecnologico. Questo cambio drastico di ruolo mi ha fatto scoprire che la segreteria, che può sembrare noiosa, mi dà un senso di calma e rilassatezza. Soprattutto, mi sta dando un sacco di competenze personali che prima non avevo. Per esempio, io sono una persona molto disordinata e questa esperienza mi sta aiutando a creare un ordine. Sono anche una persona molto “spiccia”, che parla poco, e mi sta aiutando a migliorare il mio approccio con gli altri. Si potrebbe pensare che è un po’ un passo indietro, ma, secondo me, si “guadagna” qualcosa da tutto quello che si fa.
Com’è stato il primo approccio con il mondo della disabilità visiva?
Un po’ particolare perché mi ci sono tuffato con l’idea che tutte le persone cieche o ipovedenti fossero in un certo modo. Per esempio, non sapevo che le persone ipovedenti gravi hanno delle abilità che le persone cieche non hanno. Poi, avevo molta paura di offenderle. Cercavo di evitare la parola “vedere” o, quando gesticolavo, mi bloccavo perché pensavo che non potevano vedermi. Oppure le definivo non vedenti, non cieche, invece ho scoperto che a loro non importa tanto come le chiami, ma soprattutto come le tratti. Ho anche scoperto che non bisogna modificare il proprio modo di parlare per cercare di farli star meglio, perché è vero che non possono vedere con gli occhi, ma possono toccare le cose, possono sentirle. Sono persone come noi che vivono il mondo in una maniera leggermente diversa.
In base alla tua esperienza, cosa potrebbe essere utile per ridurre questa diversità?
Anche se molto lentamente, il mondo sta andando in una buona direzione perché, con le nuove leggi sull’accessibilità, ci sono delle buone linee guida. Quello che, come persone, possiamo fare è informarci, cercare di capire l’altro, confrontarci e provare a superare quelle barriere che a volte si creano senza volerlo. Un’altra cosa che mi ha stupito è scoprire come le persone cieche dalla nascita vedono i sogni: come odori, suoni, sensazioni. È bello sapere queste cose. Sapere di più su ciò che ti circonda ti rende per forza una persona migliore. È un po’ il bello della vita.

Dicci con una parola cosa significa per te il volontariato.
Supporto. Un po’ perché è quello che faccio, cioè il supporto tecnico e alla segreteria, ma anche inteso come dare una mano, supportare le persone a fare cose.
Qual è stato, finora, il momento più difficile che hai dovuto affrontare durante queste esperienze?
Me ne vengono in mente due. Dal punto di vista pratico, quando dovevamo inviare delle lettere e, per una serie di motivi, avevamo fatto tardi e avevamo poco tempo. L’abbiamo affrontato facendo il possibile e alla fine ci siamo riusciti. Da punto di vista più emotivo, quando un signore aveva un problema con il suo lettore di schermo. Sono stato lì un’oretta a cercare di capire, ma non sono riuscito a trovare una soluzione. Questa impotenza mi ha fatto stare un po’ giù. Poi, mi sono rimboccato le maniche: ho studiato, per capire quale fosse il problema, l’ho trovato e siamo riusciti a risolverlo. Mi ha fatto piacere questa mia crescita personale nel dire: “Ok, Luca, non ci sei riuscito, però ci hai provato”. Tirarsi su dopo essere caduti emotivamente è un’altra capacità che sono riuscito a sviluppare grazie a questa esperienza.
Terminato il servizio civile, pensi di continuare in questo ambito?
Almeno per un altro po’, sì. Infatti, ho fatto domanda per una borsa lavoro in Uici, ma sono a un punto della mia vita in cui sto cercando di capire cosa voglio fare. Fin da bambino, sognavo di fare l’insegnante, di aiutare le persone spiegando le cose che sapevo e facendo crescere la conoscenza del mondo. Adesso, non sono più sicuro. Quello che so è che voglio aiutare le persone, ma devo capire come. Il Servizio civile mi ha messo sulla giusta strada perché mi ha fatto vedere che ci sono tanti modi per aiutare gli altri. Ora, devo capire cosa voglio fare di questa informazione. Continuare all’Uici mi farebbe star bene, ma sento anche che potrei dare tanto altro.

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