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“Aiutando gli altri, provo a restituire il bene ricevuto”

11 Ottobre 2025
Autore:
Francesca Pasquali
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Foto di Fatiha Ghafir

È stata aiutata, quando in passato ne ha avuto bisogno, e oggi si impegna in prima persona come volontaria dell’associazione Il Ponte Odv. Fatiha Ghafir è la protagonista di questa puntata del podcast e del blog.

Può capitare di ricevere aiuto in un momento di difficoltà e di sentire il bisogno di sdebitarsi. È successo a Fatiha Ghafir, nata in Marocco 28 anni fa e arrivata in Italia a tre anni. Fatiha, che vive a Fermo e che lavora come operaia, è volontaria de Il Ponte Odv, associazione con sede a Fermo, che distribuisce pasti e vestiario a chi ne ha bisogno.

Come hai conosciuto l’associazione?

Quando io, le mie due sorelle e mia madre abbiamo raggiunto mio padre in Italia era metà anno scolastico. Dato che non conoscevamo bene la lingua né l’ambiente, eravamo proprio spaesate. Mio padre conosceva Piera, la responsabile dell’associazione, e, parlando con lei, le ha raccontato che avevamo queste difficoltà. Piera gli ha detto che avremmo potuto andare all’associazione ed è partito tutto da lì. Ci hanno dato una grande mano, sia a livello economico sia a livello di inserimento sociale. Poi, le cose sono venute da sole. Dopo la scuola, io e le mie sorelle andavamo quasi tutti i giorni al Ponte. Era diventata come una seconda famiglia.

Foto di Fatiha Ghafir nell cucina del Ponte
Fatiha Ghafir (al centro) nella cucina del Ponte

Che ricordi hai di quel periodo?

Non conoscevo nessuno. Stavo con le mie sorelle e non avevo nessun’altra persona con cui parlare. Quindi, non vedevo l’ora di andare all’associazione perché sapevo che lì potevo incontrare altre bambine della mia età con cui poter giocare. Mi ha aiutato tantissimo anche per imparare la lingua. Non mi sentivo diversa perché c’erano persone di tante etnie e culture e non ero mai sola. È stato fondamentale per la mia crescita. Ho tanti bei ricordi e per questo mi ritengo fortunata.

Poi che è successo?

Ho sempre continuato a frequentare l’associazione. Durante le superiori, ad esempio, ho svolto alcune ore al Ponte per conseguire i crediti scolastici. È stato un modo per rimanere in contatto. Dopo il diploma, ho iniziato a lavorare. Ora, vado ogni settimana a fare servizio di volontariato.

Un legame rimasto intatto per tutta la vita.

Proprio così. Ho vissuto l’associazione prima come persona che aveva bisogno di aiuto, poi da volontaria. Anche se l’attività di volontariato l’ho sempre fatta. Anche quando ero lì per imparare la lingua, davo una mano.

Sembra che tu voglia sdebitarti di quello che hai ricevuto. È così?

Foto di Fatiha Ghafir insieme a un'altra volontaria del Ponte e un utente dell'associazione
Fatiha Ghafir (al centro) insieme a un’altra volontaria del Ponte, mentre accolgono una persona in associazione

Molte persone che vengono all’associazione si stupiscono di trovarmi lì tutte le domeniche. Mi dicono: “Ma non hai altro da fare?”. Ma io lo faccio veramente con piacere, perché a me l’associazione ha dato tanto. Quello che faccio io è veramente poco. È imparagonabile.

Adesso cosa provi a stare lì?

È strano da dire, ma è come se andassi al lavoro. La domenica mattina so che, andando lì, dovrò fare determinate cose. Non ho un orario, ma, finché non finisco quello che devo fare, non me ne vado. Una volta che ho fatto del mio meglio, anche per aiutare gli altri volontari, torno a casa soddisfatta. Due ore di domenica mattina non mi tolgono assolutamente nulla, anzi mi danno, soprattutto dal lato umano. Quando arriva qualche famiglia con bambini piccoli, mi ci rivedo. So che non è facile, ma essere inseriti nel giusto ambiente fa la differenza.

Chi sono le persone che aiutate?

Le più diverse. Fino a qualche tempo fa, era raro vedere persone del posto. Gli utenti erano pochi e sempre gli stessi. Perlopiù persone appena arrivate in Italia, con un nucleo familiare ampio. Andando avanti, ci siamo resi conto che la situazione stava peggiorando, sia per il ritiro dei pacchi alimentari sia per il guardaroba. Hanno iniziato ad arrivare anche persone del posto, italiane e no. Per esempio, quel vicino di casa che non avresti mai immaginato che potesse aver bisogno, e questo ti fa pensare.

Se dovessi dirci con una parola cosa rappresenta per te il volontariato, quale sarebbe?

Famiglia. Quando penso al volontariato, per prima cosa penso a Piera, poi all’associazione, e sorrido. È diventato talmente abituale che, se ho un impegno di domenica mattina, lo sposto perché so che devo andare lì. Lo faccio veramente con il cuore.

Foto di Fatiha Ghafir insieme a un'altra volontaria del Ponte nel guardaroba dell'associazione
Fatiha Ghafir (a sinistra) insieme a un’altra volontaria del Ponte nel guardaroba dell’associazione

Quale potrebbe essere un buon motivo per fare volontariato?

Che puoi incontrare persone che hanno i tuoi stessi interessi e sogni, persone con cui ti trovi bene. Molte volte abbiamo una miriade di conoscenze, ma, se vai a vedere, le persone con cui stiamo bene sono veramente poche. Se vuoi fare amicizia, è l’ideale. E, poi, non costa nulla e, mal che vada, puoi smettere quando vuoi. È vero che gli devi dedicare tempo, ma non è tempo perso, perché impari tanto.

Ci racconti un episodio che ti è rimasto impresso?

Una volta, c’è stata una discussione tra la responsabile e un utente che stava chiedendo aiuto con prepotenza e si aspettava che gli venisse dato “per principio”. Nonostante si fosse rivolto alla responsabile con parole pesanti, lei l’ha lasciato solo cinque minuti. Quando è tornata, non l’ha rimproverato, perché sapeva che quella persona aveva realmente bisogno di aiuto. Da quel giorno, non sono più accaduti episodi del genere.

Che ti ha insegnato questo episodio?

Che quando non sai che decisione prendere e ti fai prendere dalle emozioni, è lì che ti devi fermare, capire chi hai davanti, qual è il tuo ruolo e portarlo a termine.

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