Riscoprire un territorio, partendo dai legami

Matilde Luzi è la protagonista di questo nuovo episodio del podcast e del blog. È volontaria dell’associazione Congerie che, a Valle Cascia di Montecassiano (Mc), organizza il festival “I fumi della fornace”.
Una piccola frazione del Maceratese, Valle Cascia, che d’estate si trasforma. Gli abitanti che, dopo un’iniziale diffidenza, accettano di buon grado gli “intrusi”. Una fornace in disuso che, per una manciata di giorni, diventa fulcro di attività artistiche e culturali. È il “miracolo” di Congerie, associazione di promozione sociale di Montecassiano che, dal 2019, nella seconda metà di agosto, organizza il festival “I fumi della fornace”. Ce ne parla Matilde Luzi, ventiduenne di Recanati, laureata in Storia dell’arte a Venezia e da tre anni volontaria dell’associazione.
Chi sono i giovani e le giovani di Congerie?
Ragazzi e ragazze più o meno della mia età, alcuni cresciuti a Valle Cascia. Un gruppo che si è trovato per interessi artistici e per una necessità viscerale di ridare vita a un luogo che è stato sfruttato a livello industriale e poi abbandonato. Per me è stato ed è molto interessante vedere dei giovani lavorare in ambito artistico su un territorio di questo tipo, il processo di entrata in una comunità e l’elaborazione di rapporti con gli abitanti.
Come hai conosciuto l’associazione?
È stato abbastanza strano perché il festival è nato nel 2019 e io ho partecipato da spettatrice solo nel 2022, e vivo a dieci minuti di distanza. Una volta lì, mi sono detta: “Magari, l’anno prossimo, come tirocinio universitario, potrei venire qua”. Ho aperto per prima il tirocinio a “Ca’ Foscari”, poi ho proseguito come volontaria. Mi occupo soprattutto della parte curatoriale della rassegna di arti visive e performative.
Com’è nata l’idea del festival?
Mi hanno raccontato che delle persone che vivevano a Valle Cascia, vedendo questo gruppo di ragazzi, pensavano che fossero stati “intossicati” dai fumi della fornace, dato che a loro sembravano strani. Questa è un po’ la storia su cui si fonda il festival che si chiama appunto “I fumi della fornace” e che si sviluppa partendo dal teatro, fino a eventi collaterali come installazioni, reading poetici e concerti. Un festival che funziona bene ed è interessante per chi viene a Valle Cascia per scoprire quanto effettivamente un luogo così di passaggio possa diventare una meta di incontro e di creazione e come si trasforma in quei giorni.
E come si trasforma?
Innanzitutto, attraverso gli allestimenti. Uno spazio spoglio inizia a essere riempito da zone “chill”, con cuscini e ombreggianti. C’è la parte della ristorazione e del bar, con molti tavoli dove si possono condividere i pasti. Poi, ci sono dei mercatini, una casetta in cui di solito gli anziani del paese giocano a carte e dove viene allestita una mostra degli artisti del territorio, il Parco della poesia, dove si tengono gli incontri serali, e il dopofestival, dove si suona e si balla. Ci sono eventi in diversi orari e in diversi luoghi, quindi, il pubblico è “costretto” a girare per la frazione e a osservarla in diversi momenti del giorno.
Gli abitanti come reagiscono alla vostra “invasione”?
All’inizio c’era diffidenza. Quando sono arrivata, tre anni fa, ancora notavo qualche persona che continuava a osservare da lontano. Ma già quest’anno c’era molta più apertura nei confronti del festival. Si sta creando un legame abbastanza profondo tra gli abitanti e chi organizza e questo è importante perché, se si vuole effettivamente ricostruire qualcosa sul territorio, la prima cosa è legare con chi lo abita assieme a te. E, pian piano, ci stiamo riuscendo. Infatti, all’inizio il pubblico era molto ridotto, mentre negli ultimi anni c’è stata un’escalation e siamo arrivati fino a 500-600 spettatori: abitanti e molte persone anche da fuori, di varie età, e questo è davvero bello.
Un festival che porta la cultura in strada e che persegue obiettivi di impegno civico. Come si conciliano questi aspetti?
L’idea di fondo è di riqualificare la zona. È un processo molto lento e difficile, quindi, attraverso il festival, facendo conoscere il luogo, si cerca di sensibilizzare sul tema, per poi, magari, arrivare a un punto di svolta.
Perché, secondo te, è importante impegnarsi in una realtà di questo tipo?
Per me è stato essenziale per capire cosa mi piace. Mi ha permesso di vedere un luogo con altri occhi, conoscerlo in un altro modo e di instaurare nuovi legami che tuttora porto avanti. Una delle cose belle del volontariato è che incontri persone che hanno una visione molto simile alla tua o che, perlomeno, sono aperte al dialogo. Inoltre, il volontariato è sempre stato parte di me e della mia famiglia. Se cresci in una famiglia aperta al volontariato, è più facile entrare in contatto con queste realtà.
Quindi, alla fine, la cultura ci salverà?
Non lo so. Però, sicuramente, è meglio continuare a creare spazi sicuri che ci possano illudere di stare bene insieme in determinati momenti.
Per approfondire:
CSV Marche ETS - Centro Servizi per il Volontariato delle Marche ETS - Via Della Montagnola 69/a - 60127 Ancona
C.F. 93067520424 - Partita IVA 02596800421 - iscrizione al RUNTS decreto n. 85 del 24/05/2022 | Privacy Policy