
Scioglimento cooperative, la pronuncia della Corte costituzionale
(Da Cantiere Terzo settore*) – La sentenza si riferisce ai casi in cui l’ente si sottragga all’attività di vigilanza e sottolinea che il provvedimento rimane sproporzionato in quanto le cooperative sono strumento di economia civile e invita il legislatore a favorirne lo sviluppo, non a ostacolarlo con automatismi sanzionatori
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 116 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità nel caso in cui un ente cooperativo si sottragga all’attività di vigilanza (art. 12, comma 3, secondo periodo dlgs 2 agosto 2002, n. 220. Al suo posto, sarebbe stato necessario stabilire che l’autorità di vigilanza nomina un commissario ai sensi dell’art. 2545-sexiesdecies del codice civile, anche nella persona del legale rappresentante o di un componente dell’organo di controllo societario, che si sostituisce agli organi amministrativi dell’ente, limitatamente al compimento degli specifici adempimenti indicati.
In particolare, lo scioglimento delle cooperative solo perché si sottraggono agli inviti dell’autorità di vigilanza, e quindi a prescindere dalla verifica sull’effettivo conseguimento delle finalità mutualistiche, integra una sanzione amministrativa sproporzionata, violando perciò l’art. 3 e l’art. 45 della Costituzione, che riconosce la funzione sociale della cooperazione.
L’ordinamento dispone di strumenti più idonei e meno invasivi: in questi casi, precisa la Corte, è sufficiente la nomina di un commissario ad acta, che si sostituisca temporaneamente agli organi amministrativi per consentire il regolare compimento degli adempimenti richiesti.
È certamente una sentenza importante che riafferma il valore costituzionale della cooperazione (per approfondire, ecco il comunicato stampa della Corte costituzionale del 21 luglio 2025).
La Corte ha difatti rimarcato che l’art. 45 della costituzione non è “comune nel panorama comparatistico: una tale valorizzazione trova infatti la sua giustificazione negli strati profondi della società di allora, che metteva di fronte ai costituenti l’imponente movimento cooperativo sviluppatosi in Italia a partire dalla metà dell’Ottocento”.
Il modello cooperativo, “ascrivibile all’ambito dell’economia civile”, rappresenta “una forma avanzata di impresa anche in sistemi socialmente evoluti, che non è surrogabile dal nuovo fenomeno delle società benefit”, che perseguono, nell’esercizio dell’attività d’impresa, oltre allo scopo di lucro, anche una o più finalità di beneficio comune, funzionale a determinare un impatto responsabile, sostenibile e trasparente sulle persone, sull’ambiente e sulla società. Mentre l’impresa cooperativa si contraddistingue per “elementi del tutto peculiari: la mutualità, che ne costituisce la missione fondante, ricollegandosi ai principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, e la democraticità, che ne informa il modello di governance”, nonché la “creazione di ricchezza intergenerazionale, devoluta tramite i fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione”.
La sentenza pone in rilievo che, nonostante la sua perdurante e attuale funzione sociale, “oggi il modello cooperativo sta attraversando una grave crisi, attestata dal tasso di crescita ormai da alcuni anni costantemente negativo, a dispetto di quello del totale delle imprese” e che a determinare tale fenomeno, rilevato negli ultimi anni, concorrono senza dubbio plurimi fattori, tra i quali riveste “un ruolo anche l’assetto legislativo, nel quale, a fronte della perdita di peso dei vantaggi fiscali, sono state introdotte normative non particolarmente incentivanti per questa tipologia di impresa”.
A questo proposito, invece che favorire l’“incremento” della cooperazione “con i mezzi più idonei” secondo il mandato dell’art. 45 della costituzione, norme come quella dichiarata costituzionalmente illegittima possono determinare invece un grave effetto di deterrenza al suo sviluppo, in quanto rischiano di causare lo scioglimento per atto d’autorità persino di cooperative che, ove sottoposte a revisione, risulterebbero in possesso dei requisiti mutualistici.
*di Chiara Meoli