Decreto sui servizi pubblici locali: valorizzato il ruolo pubblico del Terzo settore © Foto in copertina di Cinzia Ceccarelli, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

Decreto sui servizi pubblici locali: valorizzato il ruolo pubblico del Terzo settore

Città: ROMA - Giovedì, 02 Febbraio 2023 Scritto da Staff CSV Marche

(da Cantiere Terzo settore*) - Il decreto legislativo n. 201 del 2022 di riordino della materia riconosce la collaborazione con il non profit anche in settori “lontani” da quelli tipicamente del welfare. Un’analisi del provvedimento e dei suoi risvolti.

Articolo di approfondimento pubblicato su Welforum.it il 24 gennaio 2023

Con il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (dlgs n. 201/2022) per la prima volta, almeno in modo così esplicito, il legislatore ha ritenuto di inserire la collaborazione con gli enti del Terzo settore (Ets) anche in settori “lontani” da quelli tipicamente del welfare. Nondimeno, le nuove previsioni normative meritano attenzione non soltanto perché testimoniano una apertura nei confronti dell’azione sussidiaria degli enti del Terzo settore, ma soprattutto perché tra i servizi pubblici locali possono sperimentarsi interventi e attività che possono avere un impatto anche sull’esigibilità dei diritti civili e sociali.

Gli enti territoriali, nell’ambito delle competenze ad essi attribuite, perseguono finalità sociali e il soddisfacimento dei bisogni della comunità di riferimento. Finalità e bisogni che, nel corso degli anni, hanno subito notevoli mutamenti a causa dei molteplici cambiamenti politici, economici.

Per quanto riguarda i servizi pubblici, il processo di cambiamento ha sollecitato e, in talune situazioni territoriali, ha costretto gli enti locali ad assumere un nuovo orientamento nella gestione degli interventi a rilevanza collettiva. Invero, si è assistito al passaggio da un modello di "government", impostato sul tradizionale schema di funzionamento dell'autorità pubblica e sulla produzione diretta di beni e servizi ad un modello di "governance", secondo il quale l'ente locale interviene in un sistema di relazioni e di azioni.

Si tratta di un passaggio “culturale” ed istituzionale che, conseguentemente, implica che il governo della comunità non si realizzi più, esclusivamente, tramite la struttura organizzativa dell'ente locale, ma si sviluppi attraverso l'attività di enti, associazioni, società partecipate, aziende speciali ed altre strutture pubbliche e private che rientrano nel “perimetro” di competenza dell’ente locale.

Agli enti locali, secondo questa prospettiva, viene pertanto affidata la regia dei servizi che interessano le comunità locali e il coordinamento dei vari attori “preposti” all’erogazione e organizzazione di quei servizi, affinché la loro azione sia indirizzata verso il raggiungimento del benessere collettivo, in una logica tendenzialmente unitaria.

Per quanto riguarda, invece, l’erogazione dei servizi pubblici locali, si è soliti tradizionalmente distinguere tra:

  1. ricorso all’affidamento a società in house ossia totalmente partecipate e soggette al cosiddetto “controllo analogo” da parte degli enti locali soci;
  2. esternalizzazione ovvero espletamento di gare per l’affidamento del servizio;
  3. costituzione di società miste, in cui il socio privato è scelto mediante gara cosiddetto. “a doppio oggetto” e al quale non può essere attribuita una quota di capitale inferiore al 30%.

Sebbene i servizi pubblici locali possano essere oggetto di procedure competitive, sembra opportuno richiamare la particolare natura dei servizi medesimi. In quest’ottica, infatti, per identificare le specificità dei servizi resi a favore delle comunità locali, le istituzioni europee hanno elaborato la nozione di servizi di interesse economico generale (Sieg). L’espressione è rinvenibile nel Trattato, in particolare nell’art. 16, introdotto con il Trattato di Amsterdam, e nell’art. 86 (l’ex art. 90).

I servizi in parola, a livello comunitario, sono definiti dalle seguenti caratteristiche:

  1. universalità: il servizio deve essere erogato a favore di tutti i cittadini in base ad un certo standard qualitativo e ad un prezzo accessibile;
  2. continuità: per taluni servizi è vietata l’interruzione, mentre per altri è vietato l’isolamento territoriale;
  3. qualità: i servizi in argomento debbono presentare determinati standard qualitativi;
  4. accessibilità: i servizi, sia in termini di tariffe praticate, sia in termini territoriali, debbono poter essere fruiti da tutti i cittadini Ue;
  5. tutela dei consumatori.

I Sieg debbono allora:

  1. offrire” una chiara e facile identificazione degli obblighi di servizio pubblico;
  2. risultare trasparenti ed accountable con riguardo specifico alle clausole contrattuali, alle tariffe applicate e alle condizioni di finanziamento del servizio;
  3. costituire una effettiva scelta per i consumatori/utenti tra varie opzioni possibili e tra vari erogatori.

Alla luce di quanto espresso, conseguentemente, ben si comprende perché i Sieg, alla stregua di altri servizi, siano soggetti alle norme del Trattato Ce in materia di mercato interno e concorrenza, atteso il loro carattere economico. Tuttavia, è opportuno ricordare che il carattere economico di un servizio non dipende dallo status giuridico del prestatore né dalla natura del servizio, bensì dalle effettive modalità di prestazione, organizzazione e finanziamento di una determinata attività.

Ed è in questo contesto che si può cogliere la novità introdotta dal dlgs 23 dicembre 2022, n. 201, recante “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, approvato ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 agosto 2022, n. 118. In particolare, l’art. 18 presenta alcune interessanti novità in merito al coinvolgimento degli enti del terzo settore nella gestione dei servizi pubblici locali (non a rete).

Tuttavia, prima di analizzare le disposizioni di cui all’art. 18 in parola, merita evidenziare che già l’art. 10, comma 2 del dlgs n. 201/2022, in forza del principio di sussidiarietà, apre alla valorizzazione dell’autonoma iniziativa dei cittadini associati nel soddisfacimento dei “bisogni delle comunità locali”. Si tratta di una previsione rilevante per quanto attiene al coinvolgimento attivo dei soggetti non profit, in specie se si considera che il successivo comma 3 del medesimo articolo 10 riconosce agli enti locali la facoltà di “istituire servizi di interesse economico generale di livello locale” diversi da quelli già previsti, se ritenuti necessari per “assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali”.

È, dunque, in questo contesto innovativo che si colloca l’art. 18 del dlgs n. 201/2022, rubricato “Rapporti di partenariato con gli enti del Terzo settore”, che, collocato nel Capo II, dedicato alle “Forme di gestione del servizio pubblico locale”, prevede quanto segue:

“1. In attuazione dei principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, gli enti locali possono attivare con enti del Terzo settore rapporti di partenariato, regolati dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, per la realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento funzionalmente riconducibili al servizio pubblico locale di rilevanza economica.

  1. La scelta di cui al comma 1 deve essere motivata, nell’ambito della relazione di cui all’articolo 14, comma 3, con specifico riferimento alla sussistenza delle circostanze che, nel caso concreto, determinano la natura effettivamente collaborativa del rapporto e agli effettivi benefici che tale soluzione comporta per il raggiungimento di obiettivi di universalità, solidarietà ed equilibrio di bilancio, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento.
  2. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi in cui le risorse pubbliche da mettere a disposizione degli enti del Terzo settore risultino, complessivamente considerate, superiori al rimborso dei costi, variabili, fissi e durevoli previsti ai fini dell’esecuzione del rapporto di partenariato.”

Tralasciando altri profili di interesse, che in questa sede non possono essere approfonditi, si segnala che l’articolo in parola:

  1. Individua la co-progettazione quale “modalità ordinaria” per l’attivazione di rapporti collaborativi con gli enti del Terzo settore anche nella gestione dei servizi pubblici locali;
  2. De facto, espandendo la gamma delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del dlgs n. 117/2017, individua i partenariati tra pubblica amministrazione ed enti del Terzo settore quale “forme di gestione” dei servizi pubblici locali”;
  3. Individua gli enti del Terzo settore quali soggetti abilitati e legittimati ad agire e intervenire anche in un comparto tipicamente (e normativamente) riservato all’azione degli enti pubblici, che possono gestire i servizi pubblici locali ricorrendo ai contratti di appalto e concessione (lo schema predilige i secondi ai primi), alle società mista o alle società in house;
  4. Rafforza il principio di sussidiarietà orizzontale, in quanto, nelle motivazioni che dovranno sottendere alla specifica scelta di ricorrere agli istituti giuridici di cooperazione con gli enti del Terzo settore, gli enti pubblici sono chiamati a dimostrare che è utile ricorrere alla partnership con gli enti non profit in quanto essa è funzionale al perseguimento di finalità di pubblica utilità;
  5. Il coinvolgimento degli enti del Terzo settore nella gestione dei servizi pubblici locali, quindi, si colloca quale formula equiordinata alle altre previste dal Capo II dello schema in parola;
  6. Richiama la “rilevanza economica” dei servizi pubblici da realizzarsi in collaborazione con gli enti del Terzo settore, chiamati, dunque, ad occuparsi di settori che implicano una certa capacità imprenditoriale e di intervento.

Il comma 3, ancorché ancorato al principio “codificato” negli artt. 55 e 56 del codice del Terzo settore, secondo il quale i rapporti di partenariato pubblico-Ets esulano dai contratti a prestazioni corrispettive, stabilisce che il contenuto economico dei rapporti in oggetto non può essere superiore al rimborso delle spese. Trattasi di una questione delicata, che andrà debitamente affrontata, atteso che i servizi pubblici locali si prestano meno di altri servizi e di altre attività di interesse generale ad essere “rimborsati”.

Se si considera che il medesimo schema di decreto legislativo (tra gli altri, cfr. artt. 3, comma 3 e 10, comma 2) prevede una positiva e fattiva collaborazione da parte dei cittadini, singoli e associati, nella realizzazione, gestione e verifica dei servizi pubblici locali, si comprende come l’iniziativa governativa (che potrà essere ripresa dal futuro governo) si collochi in un contesto di progressiva valorizzazione del ruolo pubblico degli Ets. Si pensi, a questo riguardo, alla possibilità che gli enti locali prevedano percorsi di collaborazione con gli Ets in materia di comunità energetiche, di trasporto sociale, di gestione di piscine comunali, di economia circolare e di gestione dei rifiuti.

I partenariati con gli enti non profit potranno dunque essere vagliati alla luce de principio di sussidiarietà orizzontale, verificandone la “fattibilità” e sostenibilità nei singoli ambiti territoriali, inserendo anche questa forma di gestione nelle linee guida e regolamenti che gli enti locali possono adottare per disciplinare in modo efficace, trasparente e adeguato i rapporti giuridici con gli Ets.

*di Alceste Santuari